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SPETTACOLO #Vogliodormireconte

voglio dormire con te

“Cucù! Indovina un po’ chi sono?”
“Barba, maglione infeltrito, pantaloni color dissenteria e scarpe di legno: un regista precario?
“Indovinato mio attore senza presenza scenica! Ho saputo che devi fare uno spettacolo!”
“Da chi?”
“Me l’ha detto un uccellino curioso”
“Si vabbè…io non mi prendo responsabilità sulle liberatorie”
“Posso venirti a riprendere mentre fai il tuo monologo?”
“Basta che mi inquadri dalla vita in giù”

Perchè ho accettato? Me la sto facendo sotto!
Non di girare Vogliodormireconte, ormai sono abituato a Mattia, è come avere un gemello parassita, ma di partecipare a Don’t tell my mom! L’ultima volta che sono salito su un palco è stato alla recita delle medie.
Me lo ricordo ancora. La nostra prof di musica si era messa in testa di farci interpretare una piece teatrale scritta da lei. Risultato? Alla prima c’era tutta la scuola che rideva così tanto che abbiamo dovuto interrompere lo spettacolo perchè a una tipa era venuto un attacco d’asma convulsivo.
Eravamo travestiti da contrabbasso, pianoforte, violoncello e oboe. Non c’era copione da imparare a memoria, dovevamo fare solo i versi musicali degli strumenti. Sembravamo dei minori con disturbi del linguaggio!
L’anno dopo hanno cacciato la maestra a calci in culo sostituendola con una fancazzista che ci faceva suonare il metallofono.
Dicono però che vaghi di notte sui tetti travestita da chitarrina.
Se torno ancora più indietro nel tempo, mi vengono in mente anche le recite di Natale alla scuola materna.
Un successone.
La nostra classe, che era la più numerosa, però finiva sempre a fare la comparsa.
Per quattro anni mi sono vestito da contadino o da pastore sardo. Due cojoni. Io volevo fare Melchiorre!
Poi non avevamo neanche una battuta! Due cojoni. Io volevo fare l’Asino e ragliare!
Che cazzata il presepe vivente! Un reparto di maternità a cielo aperto con problemi d’igiene. Due cojoni! Io volevo fare l’angelo custode sopra la capanna e benedire tutti quanti!
Il mio problema è la gestione dell’ansia. Odio sentire la mia voce, poi inizio a balbettare e a sudare come un cammello.
Ho provato per due giorni QUESTO post. In casa. Da solo. Un pazzo!
Ho fatto pure le faccine, le mossette e nel frattempo anche un Alligalli che mi riesce sempre bene. Ma se ballassi invece di recitare?
Potrei farmi aiutare da Patriza Porcu!
Un “Perequito” così si divertono tutti ed evito figure di merda.

Trenta secondi prima di salire sul palco le mani si sono gelate e la faccia è diventata verde.
Poi ho sentito la mia voce nel microfono.
Poi ho guardato il regista.

Poi ho visto te.
Eri in fondo alla sala. Con il tuo sguardo pensieroso e quella smorfia sulla bocca.
Dicono che gli attori si concentrino su una persona sola per non farsi prendere dal panico. Cioè non so se è una regola, è quello che ho fatto io.
Non sentivo più niente. Le battute uscivano a fiume, devo anche aver schiarito la voce, ma non ricordo.
Ho superato anche questa prova.
Quale limite riconoscerò adesso?
Mi ricordo che me lo dicevi nel letto, “Secondo me diventerai famoso”.
Chi io? Non sono riuscito a trattenerti con me figuramoci intrattenere un pubblico.
Però mi piaceva che dopo le “cazzate” ti giravi nel letto e prendevi la forma di un cucchiaio. Io ti abbracciavo e mi accorgevo che nel sonno non mollavi la mia mano. Ci provavo a staccarla, ma il tuo movimento ero inconscio. Così rimanevo immobile, un po’ scomodo e contento.
Non esiste una persona giusta. Però esiste la cosa giusta da fare.
Ti ho fatto questa promessa, di non aver paura. E’ per questo che sono su questo palco, perchè non ho nulla da perdere. Se adesso smettessi di parlare non se ne accorgerebbe nessuno, allungherei la mano verso la tua per riprenderti e ti farei salire sul palco con me.
Poi chiederei agli spettatori paganti di andarsene e ti reciterei un monologo inedito, che tengo nascosto.
Io e te…e il chitarrista come sottofondo.
Nessuno sbaglio, non sto neanche balbettando.
Dimmelo, sono bravo? A me interessa solo il tuo giudizio.
Aspettavo questo momento da tanto. Che risolvessi i tuoi enigmi. Non è poi così difficile, la soluzione è in fondo alla pagina, scritta al contrario.
Ho tutte le luci puntate contro, se vuoi le rifletto su di te.
Guardami!
Non sapevo cosa mettere stasera. Mi hanno detto che ero sotto tono, che di solito sono più appariscente.
Dio chi se ne frega. In tasca avevo il tuo portafortuna, ogni tanto lo accarezzavo. Mi bastava.
E’ strano come le voci del pubblico diventino eco nella testa. Le parole escono a memoria, il petto rimbomba e la goccia di sudore segue la spina dorsale.
Vorrei sedermi, con le gambe a penzoloni. Poi ti presenterei.
Ecco a voi quella persona che non mi fa dormire, ma perchè in cambio mi da delle notti con aurore boreali.
Signore e Signori ecco quella persona che mi ferisce con la sua distanza, ma che dopo mi riempie di presenza e cioccolatini.
Gentile pubblico ecco quella persona che custodisce il mio cuore, ma che evita coscientemente la mia testa.
Ho solo sette minuti, arrivare a dieci sarebbe inopportuno. Ce l’hanno detto prima durante la riunione.
Quanto manca?
Non ti muovi. Mi ascolti silenziosa e bevi qualcosa.
Io placo il mio ego che inizia a frammentarsi tra finzione e realtà.
Non ho più intenzione di cambiarti la vita, non mi sento così potente. Potrei farlo però con una giornata. Che aggiunta a quella dopo e a quella dopo ancora diventerebbe sì una vita.
Incomincio così.
Mi sento come un pesce rosso nel mare, che impara a respirare acqua salata.
Se non ti fossi spaventata non avrei mai avuto il coraggio di salire sul palco, se non fossi scomparsa non avrei potuto spiccicare una parola.
Poi il mio tempo scade e tu sparisci fra gli applausi. Mi ricordo solo del tuo pollice alzato e di un sorriso.

Ti dico un segreto.
Questa sera per sconfiggere la paura ho usato l’equazione di Dirac  (∂ + m) ψ = 0 che dice:
“Se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possiamo più descriverli come due sistemi distinti, ma in qualche modo sottile diventano un unico sistema. Quello che accade a uno di loro continua ad influenzare l’altro, anche se distanti chilometri o anni luce”.
Ecco perchè è stato un successo.

Il Portinaio

L’amore è fatto di smisurata empatia, un sentimento che nasce dall’intima scoperta che un’altra persona è reale quanto voi.
Ed è per questo che l’amore, per come lo vedo io, è sempre specifico.

Impegnarsi ad amare tutta l’umanità può essere un’impresa lodevole, eppure, stranamente, l’attenzione rimane puntata sull’io, sul benessere morale o spirituale dell’io.
Mentre per amare una persona specifica, e per identificarvi con le sue lotte e le sue gioie come se fossero le vostre, dovrete sacrificare una parte del vostro io(Jonathan Franzen)

“Sei stato il più bravo!”
“Ruffiano!”
“Lo giuro!”
“Ti ho visto che andavi al cesso quando parlavo sul palco”
“Però ho sentito ridere mentre lo scrollavo!”
“0_o”

Grazie a Matteo e a Fabrizia per la fiducia. E poi a Mattia onnipresente.

don't tell my mom

 

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