OMOTENASHI ( Benvenuti a Sukagawa)
Neanche 24 ore a Tokyo che io e Marco siamo subito ripartiti.
Destinazione Sukagawa, prefettura di Fukushima, ridente città che ha dato i natali al primo regista di Ultraman.
“Gabry non è che ci prendiamo le radiazioni?”
“Stai tranquillo Marco. Al massimo ci ritroveremo con otto seni come i cani”
Per risparmiare abbiamo preso l’autobus, che è sempre un’esperienza, perché si ferma negli Autogrill giapponesi, che sono dei piccoli mondi creati per distruggere le menti di noi poveri occidentali.
Sono previste due soste di soli 15 minuti. In questo piccolo lasso di tempo devi: pisciare, mangiare, bere, acquistare tutti i prodotti tipici della zona, fumare e perderti dietro a pupazzetti e portachiavi.
Non puoi salvarti dal consumismo.
Forse l’unico modo per sopravvivere è chiedere asilo politico su un pullman, ma il mio sembra più un sanatorio orientale, dove tutti tirano su con il naso e mangiano a malapena un onighiri di riso.
Non come me e Marco che sembriamo quelle famiglie meridionali il giorno di Ferragosto.
Agevoliamo la foto:
Mia san ci ha pure sgridato perché facevamo casino come due ragazzini delle medie. 😛
Alla stazione degli Autobus ci sono venuti a prendere degli amici giapponesi, compreso uno degli assessori del comune.
Mia san è apparsa alla televisione regionale di Sukagawa perché è riuscita a mettere in contatto questa città con Fara Filiorum Petri, ridente paesello abruzzese.
Questi due paesi hanno la stessa identica festa patronale: le Farchie.
Le Farchie sono dei grossi fasci di canne legati ad arte, manualmente, con rami di salice rosso. Hanno una consistenza di circa 80 centimetri di diametro e circa 8 metri di lunghezza. (fonte Wikipedia)
Vengono poi portate in una piazza e incendiate. Bizzarro come due mondi così lontani con culture differenti abbiano un rito identico. Si prospetta un futuro gemellaggio. (QUI un articolo più approfondito)
Detto questo, siamo stati accolti come delle star.
Ci hanno subito regalato una cassa di fragole che mi sono dovuto portare appresso per due giorni.
“Non saranno radioattive?”
“Marco, cosa vuoi che ti venga? Al massimo potrai ricaricare il cellulare con il sedere”
Poi ci hanno portato in un bar super chic e offerto torte, biscotti stopposi che ti bloccavano il respiro, caffè di riso e un tiramisù.
Improvvisamente è arrivata una tempesta di neve.
E noi eravamo vestiti come se fosse Maggio inoltrato.
“Scusate amici di Sukagawa conoscete un posto dove vendono magliette termiche?”
“Hi!”
E Marco: “Aì è un negozio?”
Speravo non svelassero subito a Marco l’esistenza di Uniqlo, il colosso economico dell’abbigliamento nipponico e invece…Dio mi fulmini.
Appena ha visto tutta quella merce a poco prezzo è impazzito come un gatto famelico davanti a una scatoletta aperta di Whiskas.
Si è comprato un paio di mutande termiche lunghe da vecchio, due magliette estive, degli slip traspiranti e poi ho dovuto minacciarlo di togliergli le vitamine se non usciva subito da quel negozio.
In tutto questo la nostra accompagnatrice ci ha aspettato in auto, manco fosse la nostra serva.
Sukagawa conta circa 80.000 abitanti.
Non c’è più un segno del terremoto del 2011, tutto è stato ricostruito. E’ una città apparentemente nuova, con tantissime case basse, circondata dalle montagne e c’è persino una riproduzione della Bocca della Verità. Quando l’ho fatto notare a tutti, si è aperto un dibattito che è durato per due ore circa.
Mentre Marco non vedeva l’ora di tornare da Uniqlo, che lui simpaticamente chiama “Cleo”, perché non si ricorda mai un nome, siamo stati invitati a casa di un artista, che dipinge su tela samurai e illustrazioni tipiche giapponesi con la tecnica dello stencil.
Che bello fare i lavoretti di classe.
“State attenti perché l’inchiostro è indelebile, potreste macchiare i vostri vestiti”
Cosa facciamo? Partecipiamo ad Art Attack in abiti formali o ci mettiamo in mutande per non sporcarci?
Comunque guardate cosa ho dipinto:
Sono o non sono un Ukiyo-e moderno?
A Sukagawa c’è il museo del poeta Basho Matsuo, uno dei più grandi maestro di Haiku.
E’ grosso come un soggiorno, ma è pur sempre un museo.
Ma la vera attrazione di Sukagawa sono le statue di Ultraman disseminate in una delle vie principali.
Me le hanno fatto vedere 2 volte. Prima in auto e poi a piedi.
Agevoliamo le foto:
A cena siamo finiti in un Izakaya (ristorantino tipico nipponico) molto buono.
Qui di solito i giapponesi “tazzano” come degli alcolizzati senza Dio e finiscono sempre a barcollare in mezzo alla strada.
Ma i mei amici si sono comportati abbastanza bene.
Abbiamo mangiato almeno 8 portate a testa. Sembrava un matrimonio. Poi a fine serata, invece del caffè qualcuno ha tirato fuori un sakè analcolico fatto con il riso.
Ma quello che ho pensato io è stato: “Perché questa signora dal gentile aspetto si è portata dietro una bottiglia di vomito?”
Non contenti di averci rimpinzato come le vittime delle strega di Hansel & Gretel abbiamo dovuto passeggiare al freddo e al gelo per rivedere le statue di Ultraman.
Le vene della testa di Marco si gonfiavano ad ogni passo e io non riuscivo più respirare.
Alle 21:40 si è manifestata l’Omotenashi: la tradizione dell’ospitalità giapponese.
“Mi scappa la pipì”
Non c’è problema, piuttosto che andare in un bar, l’assessore ha chiamato un suo amico e l’ha obbligato ad aprire il negozio di dischi con bagno annesso.
“Che bello questo negozio di Ultraman, peccato sia chiuso”
Non c’è problema, piuttosto che aspettare il giorno dopo, l’assessore ha chiamato il padrone, parente del grande regista Eiji Tsuburaya, costringendolo ad aprire il negozio. In più ci ha regalato una ventina di pupazzetti, cartellette, spillette, adesivi a tema Ultraman.
La generosità dell’assessore è infinita
“Vorrei un caffè”
Non c’è problema, piuttosto che convincermi che il caffè in Giappone sia brodaglia sporca, ci ha accompagnato in un “Konbini” (supermercatino aperto 24h) e offerto: sigarette, biscottini, giornaletti, merendine, polpette di riso.
Quando accadono queste cose, l’unica cosa è ringraziare e mettersi in modalità prostituzione.
Caro assessore io e Marco siamo ben lieti di trasferirci a Sukagawa, saremo le sue slave tutta la vita, stia tranquillo non le causeremo nessun danno a livello politico.
Ci intesti solo una casetta e un paio di assicurazioni sulla vita e noi faremo tutto quello che vorrà.
Diventeremo, a seconda dei suoi desideri, sicari, colf o uomini oggetto. Una sola domanda, cosa state costruendo qui in città? Da questa foto non si capisce.
Cordiali saluti “Porti”
Il Portinaio