ODIO I PIC-NIC. AMO L’HANAMI!
Oggi con Alice si farà il nostro primo Hanami, ovvero pranzare sotto i ciliegi in fiore!
Ma, siccome fa freddo, i famosi sakura stentano ad uscire, quindi mi sa che si mangerà sotto qualche albero pulcioso.
A me non piace tanto mangiare per terra, perché ti assaltano le formiche, ti entrano i moscerini nel bicchiere, ti pungono le vespe, hai sempre la terra nel panino e le foglie attaccate al culo!
Ma non fasciamoci la testa, vediamo un po’ come sarà questo Yoyogi Koen, il parco vicino a casa mia.
L’appuntamento è alle 12 davanti alla statua di Hachiko a Shibuya.
Prima però bisogna andare a fare la spesa e, siccome siamo una quindicina, cosa prendere?
Il supermercato è affollato e tutti stanno comprando litri e litri di birra. Ce ne fosse uno che prende un panino.
Io e la Piera, che ormai ci cibiamo solo di caramelle e robe spugnose, decidiamo di far provare la nostra dieta ai nuovi amici che conosceremo.
Quindi: caramelle, patatine rosa gusto fragola e formaggio, caramelle, un succo, un tè, un’acqua, “onigiri” presi a caso al gusto di chissà quale vegetale trattato con coloranti e conservanti, caramelle, tortine e ancora caramelle!
Siamo veramente tanti all’appuntamento: c’è Tatsuya, giapponese che parla italiano e che vorrebbe trasferirsi in Italia (ha la fidanzata milanese e quindi ha un punto a nostro favore); ci sono Michele di Napoli e Michele di Milano; c’è Davide di Rimini e poi le varie Miao Lin, Micio San, Zen Zen, Chan Chan e tutta la dinastia dei Ming. C’è pure una filippina che la Piera scambia per la sua cameriera, infatti l’ho vista allungarle 1000 yen per chiederle di fare le pulizie a casa.
Il parco è strapieno, ci sono le formiche che fanno la ola per quante briciole saranno versate oggi.
I giapponesi pensano sempre a mangiare. Ovunque ti giri c’è sempre un baracchino che frigge, un “Mc Donarudo”, un bar e di fianco ovviamente il negozio di portachiavi annesso.
Nei negozi vendono anche i tappeti da mettere per terra, apposta per gli hanami, (c’è anche quello con Hallo Kitty tranquilli).
Davide ne ha comprati 2 o 3, io e la Piera potremmo stendere le calzine degli Orsetti del Cuore e fare un red carpet per arrivare direttamente al check-in dell’aeroporto.
Tutti iniziano a tirare fuori i loro piatti, che sono dei bellissimi bento con riso bianco, stuzzichini, pollo fritto e spiedini di verdura a forma di fiore. Io tiro fuori il mio junk-food e mi vergogno come quando ero ai tre giorni del militare e il dottore mi aveva chiesto di tirarmelo fuori.
Vabbeh, mangiamo?
Non vi dico cosa vuol dire stare inginocchiati come delle suore in preda alla visione della Madonna. Io sembro il gobbo di Notre Dame e la Piera la statua della Sirenetta di Andersen.
Poi, a me che fa schifo anche toccare le piante finte, figurati vedere tutti quei giapponesi intorno a me coi calzini sporchi di terra e ubriachi già alle 2 del pomeriggio.
Ma è questo il bello dell’hanami, vedere i giapponesi che alzano il gomito. Tutti, donne comprese!
Di fianco a noi c’è un gruppo di 30 persone con la griglia, sembrano una di quelle famiglie del Sud che arriva in spiaggia con il grill e si mette a cucinare la frittata di maccheroni e la pasta con le polpette.
Dio, la pasta con le polpette come mi manca!
Mentre la Piera si svita la colonna vertebrale per offrire il suo midollo come ossobuco, io vado a fare pipì con Alice.
C’è una coda come ai concerti di Michele Jackson!
Chi deve fare pipì incrocia le gambe o si tiene il pacco, mentre chi deve fare la cacca si tiene la carta igienica in mano.
Intanto mi guardo intorno e vedo una giapponesina vestita con degli stivali di vernice verdi e una minigonna inesistente, tipo Pretty Woman, che sbanda e dice cose senza senso. In mano due lattine di birra Asahi e nessuno che la va ad aiutare, si sdraia per terra e mostra la patonza a tutti.
Già me la vedo una così al Parco Sempione, la ritrovano dopo un secondo al museo Egizio di Torino mummificata!
Iniziamo così a fare un po’ di conoscenza, scopriamo che Michele di Milano lavorava all’Oasi Giapponese (il nostro ristorante preferito) e che abita a Mitaka.
Ci racconta che ogni tanto sente i suoi vicini che fanno sesso e siccome ha le pareti di carta velina sente tutto. Ma il bello è che capisce.
M: “L’ultima volta lui diceva: piano piano; e lei: mi fai male…”
G: “Posso venire ad abitare a casa tua?”
Ora o il suo vicino ha sbagliato buco o la stava legando per poi ucciderla.
A proposito di vicini: Patrick è tornato insieme alla sua fidanzata giapponese, che abbiamo scoperto avere 23 anni; mentre Dina “la coinqilina”, se non azioni il pulsante “Hallo Kitty Version” non ci saluta neanche.
Si sta bene, però, tutti insieme a fare il pic nic e noi questa sera non abbiamo voglia di partire per Osaka.
Che malinconia.
Alice poi ci porta a casa sua per farci vedere dove abita.
È molto vicina a noi e ha come coinquilini un francese, una neozelandese e due svedesi.
G: “Posso andare in bagno, Alice?’”
A: “Certo, è li a sinistra dietro lo sgabuzzino, apri la mensola, c’è una porta, poi azioni lo star-gate e ti appare il cesso.”
G: “Oh, ma ci abita Schumacker qui?”
A: “Perché?”
Non so se avete capito, ma anche la nostra povera Alice non ha dei vicini molto puliti…
Mentre ce la chiacchieriamo arrivano i due svedesi.
Due rattusi usciti dal postalmarket degli anni 70. La ragazza continua a chiedere “sorry” perché pare che l’altra sera sia tornata ubriaca, senza chiavi e abbia svegliato l’isolato per farsi aprire.
In più la cogliona di Oslo ha dormito per terra, perché non aveva neppure le chiavi di camera sua.
Io mi tengo stretti i miei coinquilini!
Torniamo a casa a fare le valigie. Senza voglia butto quello che mi capita nella borsa: portachiavi, calze, caramelle.
Alle 9 ci mangiamo un panino, prendiamo la metro e dopo mezz’ora arriviamo all’appuntamento con Mia-san e Yasu-san.
Siccome è un capitolo che va affrontato da solo vi rimando alla prossima puntata.
Rimanete con noi!
Mata ne.
Il Portinaio