MAGNETICO ROBOT (The book is on the table)
Ci siamo incrociati con uno sguardo, in una via che un tempo era fra le più belle di Milano.
I rumori del cantiere hanno disturbato quell’attimo.
Lei è al telefono, è sempre al telefono.
Aspetto qualche minuto e ascolto quello che dice. In fondo ho fatto sempre così.
Nei nostri anni di frequentazione ho seguito il suo labiale per interpretare i suoi desideri, origliato di nascosto per capire qual era la strada giusta da prendere.
Lei era Magnetica e io il suo Robot.
Non capita spesso di entrare dalla porta principale, di essere toccato dalla fata madrina che con la sua bacchetta ti dice “Ora verrai con me, io ti illuminerò ma farai tutto quello che dirò io”.
Ci siamo incontrati per la prima volta in doscoteca, durante quei tamarri festeggiamenti di ferragosto, lei è impazzita per me e io, timido come un bambino il primo giorno di scuola, ho glissato le sue lusinghe e sono scappato. Perchè dovrebbe scegliere me?
Dopo un mese mentre riguardavo le foto delle vacanze, mi è tornata in mente come un amore estivo.
Che faccio? Le scrivo?
Al massimo non risponderà.
E invece no! La gentilezza che la contraddistingue non si è fatta mancare.
Essere disponibili nella vita non è da tutti, poi per quelli della sua specie, che non muovono il culo per niente, è cosa molto rara.
E’ fatta! Nella mia mente bacata di piccolo sognatore romantico si disegnava una carriera fantastica, con le mie idee sarei diventato Magnetico e lei il mio Robot.
Avrei potuto vestirla, come una bambola un po’ burrosa. Farle cantare quello che volevo, Mi sentivo regista e bambino, confidente e zerbino, ero felice e frustrato.
Ogni tanto si girava a guardarmi e mi chiedeva “Ti piace?“.
Quasi il mio responso fosse legge. Per lei ero originale, fantasioso e colorato, tutti termini che mi hanno sempre fatto cagare.
L’avevo solo ammaliata con un maglietta con una stampa in Arial Black, niente di più.
Il mio ego era diventato una pentola a pressione, partorivo qualsiasi cosa per lei, la mia testa era la sua palestra ma il suo cuore non mi appartaneva.
Non ero nessuno, poco importante, poca esperienza e neanche un curriculum invidiabile.
Si accorgerà, mi dicevo, prima o poi si accorgerà.
Ho dato il meglio di me, tanto da collezionare figure di merda, delusioni e incomprensioni.
E’ strano come la vita ti offra a volta un vassoio d’argento per metterti alla prova e vedere se lo userai al meglio.
Su quel vassoio ci ho messo di tutto, senza accorgermi della leggerezza con cui confondevo l’amicizia con il lavoro e l’ambizione con la realtà.
“Oggi esci ancora con lei?”
“Certo mamma…”
“Ma non ha i baffi?”
“No, credo si faccia la ceretta”
“Se le serve un’estetista ci sono io…ricordati!”
“Non le ho mai controllato il linguine”
“Si dice inguine scemo!”
“Aahhahahahaha”
A distanza di anni qualcosa è stato fatto di quello che le avevo proposto, la mia (in)coscienza crede ancora che un pezzo di me le sia rimasto attaccato.
Non c’è più magnetismo, l’attrazione affievolisce e rimane un ricordo.
“Scusa perchè esci con lei?”
“Mamma è l’occasione della mia vita”
“Dici sempre che sono dei caproni”
“Mi sento più elevato”
“Esci con Dario Fo allora”
“Sai almeno chi è?”
“Il cuoco che c’è sempre dalla Clerici!”
Ci siamo incrociati con uno sguardo, in una via che un tempo era fra le più belle di Milano.
Dopo aver finito di parlare al telefono ci siamo guardati come due vecchi amanti che non si ricordano più del loro profumo.
Nota che ho tagliato i capelli, mi accarezza il viso con il suo fare sornione e frettolosamente mi dice che ha un appuntamento.
Alla domanda “Perchè non ci siamo più visti?” non ho saputo rispondere.
La sua profonda scollatura magnetizzava gli sguardi dei passanti, il suo giochino non avrà mai fine.
Credevo di avere tutto. Sono stato bene con lei, ho sacrificato, investito e mi dispiace di non averglielo detto e di aver dato per scontato la mia e soprattutto la sua professionalità.
Grazie per l’insegnamento.
Lei è Magnetica e io il suo Robot…rotto!
Il Portinaio
“La donna e’ piu’ dolce ma sa anche punire
e l’uomo piu’ forte puo’ pure soffrire,
ma in due si puo’ andare piu’ in alto
piu’ in alto che mai”
Un giorno, non molto tempo fa, un contadino si presentò alla porta di un ricovero per anziani e bussò energicamente.
Quando il portinaio aprì la pesante porta di quercia, il contadino gli mostrò, sorridendo, un magnifico grappolo d’uva.
“Signor portinaio – disse il contadino – sa a chi voglio regalare questo grappolo d’uva che è il più bello della mia vigna?”
“Forse al Direttore o a qualche altro ospite del ricovero”.
“No. A lei!”
“A me?”.
Il portinaio arrossì tutto per la gioia.
“Lo vuoi dare proprio a me?”
“Certo, perché lei mi ha sempre trattato con amicizia e mi ha aiutato quando lo chiedevo. Voglio che questo grappolo d’uva le dia un po’ di gioia”.
La gioia semplice e schietta che vedeva sul volto del portinaio illuminava anche lui.
Il portinaio mise il grappolo d’uva bene in vista e lo rimirò per tutta la mattina. Era veramente un grappolo stupendo.
Ad un certo punto gli venne un’idea:
“Perché non porto questo grappolo al Direttore per dare un po’ di gioia anche a lui?”
4 commenti
Alan
😉
Tania
Che tenero 😉
Il Pizza
A volte quello che ci resta dai rapporti interrotti o finiti con le persone, non è il massimo.
Ci resta quell’ultima sensazione, bella o brutta che sia, che da la misura di tutto il vissuto insieme.
E’ malinconico pensare come ci resti impressa l’ultima parola detta, lìultimo gesto fatto e che acquisti un valore così assoluto, ma tant’é …
Matura è invece la posizione di chi sa rivivere tutta la storia passata e ne fa bagaglio di esperienze.
Tutto insegna, sempre.
Ho capito di chi parli e so che nonostante tutto lo rifaresti, perché ti ha fatto comunque sognare e a noi piace da matti, vero ?
Oggi apro io la portineria, ho tanto bisogno di un grappolo d’uva 😉
Dan (Quello che chiude la Portineria)
Quanto sei romantico Gabriele! 🙂