INTERVISTA A FRANCESCO BIANCONI (Per mia zia: è il cantante dei Baustelle)
Quando il mio webmaster va via per uno dei suoi lunghi week end, tocca a me badare al suo gatto e cercare di tenere in vita le striminzite piantine che tiene sul balcone.
Impossibile dire di no, pena la possibilità di un’improvvisa caduta del sito o il crash del back-up dell’archivio.
Fare il cat-sitter comunque è semplice: aspetti le fusa, riempi la ciotola di crocchette, controlli se la lettiera è pulita e poi saluti e baci. E alle piantine serve solo qualche bicchiere d’acqua.
L’ultima volta però è successa una tragedia.
“Portinaio dove sei?”
“Sto mangiando una pizza con i miei amici”
“Ci sarebbe un problema”
“Te lo dico subito. Io non lo voglio il gatto, va bene curarlo ogni tanto, ma perde troppi peli e poi si fa le unghie sul divano e io sto ancora pagando le rate a Chateau d’Ax”
“La mia casa sta bruciando”
La prima cosa che ho pensato è stata: “Adesso daranno a me la colpa e dovrò passare il resto della mia giovinezza in carcere”
Poi ho visualizzato il povero gatto morto abbrustolito.
Alla fine sono tornato sulla terra e sono corso subito lì.
Quando sono arrivato i pompieri erano già sotto casa, ma più delle fiamme altissime che minacciavano anche il balcone del piano superiore, impressionava la folla intenta a immortalare la scena con i telefonini.
“Chissà se si è salvato… lo conoscevo solo di vista, ma mi piacevano le sue canzoni”
“Tranquilli, sono il cat-sitter: per fortuna il proprietario di casa è via … ma nessuno in quella casa scrive canzoni”
“No, è al piano di sopra che vive un cantante famoso”
“E chi è ?”
Francesco Bianconi l’ho conosciuto così. Mentre fuggiva da casa sua.
Il nuovo album dei Baustelle s’intitola L’amore e la Violenza e ho chiesto a Francesco di concedermi un’intervista.
Era da un po’ che sul mio blog sentivo il bisogno di alzare il livello, affrontare temi pregnanti, esplorare nuovi territori semantici. E confrontarmi con la complessità interiore di uno degli autori più colti della nostra scena musicale, mutuandone il gusto per la citazione e lo stile aristocraticamente demodè, mi sembrava un’ottima occasione.
Cosa sto dicendo?????? 😛
Per preparare le domande mi ispiro a un vecchio numero di Cioè recuperato a casa di quell’accumulatrice compulsiva di mia cugina.
“Tu da piccolo leggevi Cioè?
”
“Non l’ho mai letto, ma c’erano delle mie amiche che lo compravano e lo conoscevo per quello. Io compravo fumetti tipo Tex”
“In quegli anni andava molto anche il Monello. Te lo ricordi?
”
“Sì, certo, c’era il Monello, che parlava anche un po’ di musica. Sto pensando al 1985… Mi ricordo che ascoltavo esclusivamente Franco Battiato, anche perché la musica dell’epoca mi sembrava tutta brutta. Molte cose di quel periodo le ho rivalutate soltanto più tardi.
Mi piaceva soltanto Battiato e cose che ascoltavano i miei genitori: i Beatles e la musica con le chitarre degli anni Sessanta e Settanta.
La voce del padrone fu un successo pazzesco perché era una cosa stranissima per l’epoca e Battiato non aveva propriamente i tratti distintivi della popstar”
“Ma non ti da fastidio quando dicono che gli assomigli?”
“
No, per me è un complimento. Ho iniziato ad ascoltarlo che avevo solo 6 anni e mi sembrava figo solo lui. Poi crescendo ho cominciato a comprendere veramente le sue qualità e la sua genialità.
È come se me ne nei fossi nutrito e avendolo ascoltato e amato tanto, credo possa capitare che nelle cose che faccio qualcosa ritorni”
“E in quegli anni guardavi i cartoni animati?”
“Beh sì. Io sono del 1973 quindi sono finito in pieno nell’invasione dei cartoni giapponesi. Ricordo perfettamente la prima volta che Heidi venne trasmessa alla Rai. Mi sembrava così strana: era chiaramente per un target femmina, ma la guardavo lo stesso perché era diversa dai cartoni a cui ero abituato. Poi Goldrake, cazzo! Mazinga, Jeeg Robot. Completamente flashato: Battiato e i robot!” (ride)
“Alcune sigle erano molto belle”
“Bellissime. In alcune c’era di mezzo Vince Tempera, musicista, tastierista, arrangiatore. Ha suonato con Battisti, è stato nella band di Guccini per una vita. È lui che ha composto Ufo Robot, la sigla di Goldrake. Gli ha svoltato la carriera, credo (ride). Tra l’altro ho visto un filmato di Guccini in concerto dove lo presenta come il famosissimo – Vince Tempera di Goldrake – e gliela fa suonare”
“In Giappone spesso sono i cantanti famosi che cantano le sigle, qui in Italia non capita quasi mai
”
“L’ha fatto Vecchioni con i Barbapapà. All’asilo di mia figlia c’è stato un anno tematico dedicato ai Barbapapà solo perché lì andavano anche le nipotine di Vecchioni. Alla fine scheletri nell’armadio e peccati di gioventù tornano sempre indietro”
“C’erano gli Oliver Onions, che hai citato nel nuovo album”
“Ovvero Guido e Maurizio De Angelis, bravissimi. Dei melodisti eccezionali. Gli Oliver Onions però facevano dichiaratamente le sigle, non avevano pretese autorali come Vecchioni. All’epoca Vecchioni faceva le sue cose, scriveva per altri e magari questa cosa dei Barbapapà è arrivata perché l’hanno chiamato. Magari l’ha fatto per motivi – alimentari – chissà. Però sono contento che abbia accettato, è una sigla a suo modo psichedelica”
“In questo numero di Cioè ci sono delle interviste palesemente finte. Mi piacerebbe partire da queste domande che sembrano stupide, ma che magari possono sfatare il mito che tu sia ombroso e snob
”
“Io parto dal presupposto che chi fa questo mestiere deve mettersi nella condizione di pensare: «Che dicano un po’ quello che cavolo vogliono!».
Soprattutto adesso, in questa dimensione così social che tutto il mondo ha abbracciato, la reazione del pubblico a quello che l’artista fa è immediata, diretta, appassionata e accanita.
Quello che una volta era il pubblico adesso sono amici tra virgolette. È come se avessi tanti ‘amici’ o tanti ‘nemici’ ”
“E soprattutto questi – amici – e – nemici – li puoi identificare
”
“Sì è vero. In più hanno il coraggio di dirti cose bellissime o bruttissime, ma lo fanno solo perché internet, questa grande famiglia democratica, li fa sentire ‘protetti’. Non è come se te lo dicessero in faccia al bar.
Io sono cresciuto in un paese piccolo, di provincia, dove se andavi al bar ti prendevi la responsabilità di quello che dicevi e poteva accadere anche di prenderti un pugno”
“Ma ti offendono le critiche?
”
“No, come ti dicevo prima chi fa il mio lavoro, chi diventa un personaggio pubblico deve accettare critiche e i complimenti”
“Io intendo proprio le offese, non le critiche”
“Il passo fra la critica e le offese è diventato breve. Le offese fanno parte del tono del discorso dell’epoca in cui viviamo, proprio perché si è protetti dietro lo schermo del computer. Vent’anni fa non ti avrebbero detto cose tipo «Maledizione, i Baustelle non valgono un cazzo e hanno successo», se lo sarebbero tenuti dentro . Adesso invece te lo scrivono sotto il video che pubblichi. Si sentono autorizzati. È l’autorizzazione dell’insulto. Ma va bene. Io non rispondo mai”
“Quindi sei snob o no?
”
“Mi sento snob nel senso più nobile del termine. Snob perché dichiaro di non voler giocare a questo gioco a cui tutti giocano. Anche in molte canzoni del disco nuovo esce fuori questo mio sentimento.
Spesso sento di non essere bene in sintonia con il mondo. E nel dichiararmi fuori dai giochi, non c’è desiderio di autoannullamento o di rinuncia.
È una cosa positiva. Come dire: «No, non voglio giocare, voglio un gioco migliore, un mondo migliore, un desiderio più alto».
E questo, unito a una naturale timidezza e riservatezza di carattere, può essere interpretato come snobismo.
Ma è uno snobismo alto, intendiamoci” (sorride)
La conversazione si sta facendo densa… Forse è meglio se torniamo alle domande di Cioè prima che il pubblico passi a “Orrore a 33 giri”.
“Dimmi la tua taglia
”
“Porto la 46. Anche se la giacca può essere una 44”
“Te lo chiedo perché ho letto su Il Fatto Quotidiano questa critica al tuo aspetto:
“Quindi dicci: ti vesti da bohemien?”
“Sono sempre vestito uguale, mi vedi, no? E non so che cosa significhi vestirsi da bohémien”
“Forse è anche perché con jeans larghi e una felpa non staresti molto bene”
“
Probabile”
“Non voglio dire che non devi indossare una felpetta, però magari è la tua costituzione fisica che ti obbliga a vestirti così. Diciamola: sei magro e alto. La tuta non va bene!
”
“Questa cosa del vestirsi è una roba complessa a cui rispondere. Perché ci si veste in un certo modo? Perché certe cose ci piacciono e altre no?”
“C’è chi sceglie vestiti per coprire i difetti
”
“Sì. A volte i vestiti diventano strategici.
Nonostante io sia un narciso – sennò non avrei fatto questo tipo di mestiere – dentro una boutique ci sto il minimo indispensabile. Vorrei avere tutto già pronto senza dover sottopormi a prove, provini e commessi”
Bianconi mi racconta delle scarpe che indossa sempre: degli stivaletti che sono quasi una sua protesi. Mi dice che quando li ha visti gli sono così piaciuti che ne ha comprati diverse paia. E – confermando un motto di mia nonna – preferisce consumare le vecchie scorte prima di comprare cose nuove.
“Dimmi che hai almeno un paio di scarpe da ginnastica
”
“Sì, certo! Ma le metto solo per fare quel minimo di sport. Anzi, ora non le metto più: faccio nuoto”
Prendiamo nota: Francesco Bianconi pratica il nuoto: uno sport democratico e completo, non borghese e snob come il golf!
“Il posto di villeggiatura preferito?”
“
Castiglione della Pescaia, perché è legato alla mia infanzia. I miei hanno una casa lì e ho dei ricordi bellissimi”
“Per i fans più morbosi: il tuo colore?
”
“Nero”
“Lo sai che sfina
”
“È anche annullamento! La morte dei colori” (ride)
“La stagione?
”
“Ultimamente è l’estate. Per semplici questioni di invecchiamento e salute nel periodo a cavallo tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate il mio corpo sta meglio”
“In effetti Pinarella di Cervia a fine Maggio è uno spasso!
Certo che in estate tutto vestito di nero chissà che caldo”
“Lo so. Ma vuoi mettere la soddisfazione di essere, almeno in vacanza, contro il mondo e contro la vita?”
“Il tuo passatempo domenicale”
“
Stare con mia figlia, vedere film con mia figlia, cucinare e passeggiare”
“L’eta migliore?”
“
Non sono mai stato giovane come adesso. Ho 43 anni e rispondo 43”
“Personaggio storico?”
“
Questa è difficile”
“Sii colto e snob ti prego”
“
Ho sempre ammirato Attila, il re degli Unni. È dipinto come un selvaggio, cattivo e feroce: dove passava lui non cresceva più l’erba. Mi affascinano i personaggi spietati e crudeli, forse perché vorrei anche io esserlo.
Anche se poi, stando a ciò che la storia racconta, anche Attila ebbe dei cedimenti.
Pare che prima di arrivare a Roma fu raggiunto dal Papa. Ci fu un colloquio fra di loro. Nessuno sa cosa si siano detti, ma poi Attila decise di ritirare le truppe. Personaggio interessante”
“Lavori precedenti
”
“Ho fatto l’editor per una casa editrice che pubblicava varie riviste. Io lavoravo per quella di giardinaggio. Non di botanica, di giardinaggio, roba per casalinghe.
Poi vennero gli anni del boom del vino e il capo volle creare una rivista che parlasse di enologia in maniera semplice.
Però quel linguaggio non funzionava. Semplificare troppo significava togliere fascino al vino e non si può far smettere di sognare i lettori. So che è una roba bieca da dire però in tanti comprano cose per sentirsi parte di un mondo che li esclude. È un concetto di classe, marxista, ma continua a essere vero”
“Il sogno nel cassetto?
”
“Fare il regista di un film horror. Di quelli belli però”
“Con gli effetti speciali?”
“
Non necessariamente. Mi piacciono i film gialli e thriller che si facevano in Italia negli anni Settanta…sono un grande fan di Dario Argento. Quello che conta è la visione, la sceneggiatura, la regia. Si può far paura e inquietare anche senza effetti speciali”
“Con chi canteresti in coppia?
”
“Con Jane Birkin. Sono un suo grande ammiratore. Anche del suo defunto compagno Gainsbourg, lo sanno tutti ormai. Canterei pure con la loro figlia Charlotte, visto che ci siamo (ride).
Ma canterei con tante persone”
“Italiane?
”
“Con tutte le grandi voci: Mina, Patty Pravo, Ornella Vanoni, Milva. Scrivi che sono un grande fan di Milva!
Se penso alle colleghe giovani mi piace Malika Ayane. Molto”
“La malattia più temuta?
”
“Credo la vecchiaia. Temo la sofferenza in generale e invecchiare può dare molta sofferenza, fa soffrire anche chi ti sta accanto. C’era una canzone di Jacques Brel che diceva «C’è questo, questo e questo ma invecchiare…»”
“Il più simpatico e il più antipatico”
“
Fammi pensare…i più simpatici sono Paperino e Buster Keaton. Il più antipatico è Topolino. Solo Topolino. Perché gli antipatici in carne e ossa alla fine mi stanno simpatici”
“Sono ormai trenta minuti che parliamo. Ti stai divertendo?”
“Certo. Viva le interviste di Cioè!”
“Siccome sono Portinaio, sono andato a scovare i commenti più velenosi del web.
Ti va se li leggiamo insieme?”
(Per non violare la privacy ho dato nomi di fantasia agli “haters”, ma proprio nomi di fantasia)
Elsa di Frozen dice:
“C’è del velato lesbismo, in questa dichiarazione” 😛
“Romualdo di Fantaghirò domanda:
“Questo devo dire che è onesto. Non fa parte degli insulti. Mi piace. Sa di non sapere. Molto filosofico”
Raperonzolo dice:
“Significa semplicemente che non gli piacciamo. Trovo anche questo commento molto elegante. Cara amica ti capisco, come dicevo prima anche io nel mio disco canto questa sensazione”
Rocky Balboa afferma:
“Si riferisce alla mia voce? Strano. Posso essere tecnicamente non perfetto, ma stridulo no. Almeno un po’ di pasta e morbidezza il mio timbro li ha. Sul prudere mi sembra esagerato. Che vuol dire? Mi vuole picchiare? Anche io ho sempre più voglia di menare, ultimamente. Balboa, incontriamoci, facciamo a cazzotti. Vinci tu di sicuro”
“Frodo della Terra di mezzo fa riferimento a QUESTO articolo sempre del Il Fatto Quotidiano:
“
Credo si riferisca all’articolo di Michele Monina sulla canzone Lili Marleen, dove si dice che buttiamo testi alla rinfusa, facciamo citazionismo e che abbiamo delle voci… sicuramente io e Rachele abbiamo voci che tecnicamente possono non essere perfette, ma inconsuete rispetto a quello che si sente in giro.
Se lo standard di valutazione è la tecnica, tra Emma Marrone e Rachele vince certamente Emma. Ma non c’è solo quello.
Se così fosse anche fra Emma e Billie Holiday vincerebbe Emma. Ma ripeto, non c’è solo quello per fortuna.
Questa cosa di De Andrè, boh. Io ho un timbro baritonale, canto così, prendere o lasciare.
Ho bisogno di capire come mai questo livore.
Dovrebbe farmi un esempio di cose che a lui piacciono.
Uno che legge l’articolo di Michele suppongo non sia neanche un fan di quel pop, perdonami il termine, “pecoreccio” da cui siamo sommersi.
Ormai quel pop lo si ascolta per inerzia, ci siamo abituati. E non apre dibattiti.
Nessuno sta a indignarsi per la cantante X di Amici. La giudichiamo e basta – canta bene, canta male.
Mi viene da dire che se non si apre il dibattito, comprese le conseguenti eventuali fucilazioni, è perché non c’è niente da dibattere.
Io preferisco rischiare e dire qualcosa. Se poi becco insulti e non piaccio amen.
Ma almeno ho espresso una visione del mondo con la mia musica”
“Geronimo Stilton commenta il gruppo così:
“
Tu fai la raccolta differenziata?”
“Sì, la faccio.
Questa cosa che dice mi può stare anche bene. Ma andiamo al sodo: che cos’è l’invenzione in musica?
Apriamo questo dibattito? Dal punto di vista del pop non s’inventa più un bel niente da almeno 30/40 anni, da Jimi Hendrix e dalla distorsione della sua chitarra”
“Nemmeno i dj, che sono un po’ i nuovi produttori, hanno inventato qualcosa di nuovo?
”
“Sì, ma dai primi dj è passato un sacco di tempo. Non solo i Baustelle, ma anche i produttori di musica elettronica continuano a riciclare. Nessuno s’indigna perché i Daft Punk nel loro album hanno riprodotto i suoni della discomusic chiamando addirittura a collaborare Moroder e il chitarrrista degli Chic. La loro è più di una citazione, è una meravigliosa copia autorizzata.
Però l’hanno fatta benissimo, ancora meglio dell’originale.
E se poi arriva quello che dice “L’ho già sentita” non m’interessa e mi fa molto ridere.
Parlo a nome collettivo, non mi do un merito, ma è forse la forza dei Baustelle prendere tante influenze diverse e impastarle in una veste nuova che abbia un senso”
“Abbassiamo il livello. Dove vanno i tappi di sughero?
”
“Tendo a conservarli in una scatolina”
“Bravo ti sei salvato. E i fazzoletti di carta bianchi? Quelli sporchi intendo”
“Nell’indifferenziata”
“No! Nell’organico! Mi raccomando da domani separa bene. I cd?
”
“Mai buttato un cd”
“Nel caso volessi…indifferenziata anche loro”
Il Mago Merlino legge nel pensiero:
“Può succedere che in qualche intervista io risponda scoglionato e non brillante e gasato, forse perché è la centesima in un giorno.
Caro Merlino non pubblico nulla di cui io non sia soddisfatto al 100% e quello che esce lo difendo, anche se a volte non sembra, con il coltello fra i denti. Scusami, ma non mi conosci proprio se dici così. Hai interpretato malissimo”
Questo deve essere un politico populista:
“L’ho letto questo. Caro politico populista, se vuoi ascoltare solo canzoni sul pizzettaro, credo tu abbia dei problemi.
Se invece “pizzettaro” è una metafora per argomenti più diretti o viscerali, il pop italiano abbastanza indipendente è pieno di queste canzoni. Ascoltati Calcutta, che è bravissimo, e non venire a rompere i coglioni a me”
Il nostalgico prete laico:
“Questo commento un po’ mi rattrista. Sono d’accordo con lui su Mina e Celentano. Penso però che la lingua italiana e di conseguenza anche il linguaggio delle canzoni siano in continua evoluzione.
Forse dovrei fare anche io le canzoni del pizzettaro sotto casa. (ride)
Le parolacce non sono sbagliate in sé, dipende da come si usano. C’erano poeti del 300 che usavano parolacce.
Dipende dal discorso in cui sono inserite. Non uso parolacce fini a se stesse, sono funzionali alla storia che racconto.
Mi spiace se si è offeso. Detto questo, mi dispiace ma continuerò a scrivere come voglio”
Michele Monina (questo non è un nome di fantasia, anche se si presta bene. QUI l’articolo) scrive:
“Il problema è che viviamo in un tempo (tutto italiano, per fortuna) in cui se sei intelligente e colto vieni automaticamente schernito.
Non siamo più abituati a riconoscere nemmeno ai cantautori il valore culturale di una volta, un po’ perché i cosiddetti sono invecchiati o spariti, un po’ perché il ricambio generazionale non è stato proprio all’altezza.
La leggerezza sembra diventata l’unica via possibile: certo, la vita è dura, pesante e tragica e le canzoni possono servire a evadere. Va bene. Ma è giusto che ci sia spazio anche per le canzoni che hanno voglia di raccontare delle cose con un linguaggio che non è proprio il solito, e spazio per autori che propongono la loro visione in una maniera che richiede una certa fatica interpretativa. E ci tengo a precisare che per me “fatica” in questo senso è un concetto positivo. E’ giusto che ci sia un mondo disposto ad ospitare insieme prodotti immediatamente decifrabili e altri meno. E’ esistito un mondo che ha prodotto più o meno contemporaneamente Madonna e i Talking Heads, e a mio parere è stato un mondo bellissimo.
Se proprio non ci si vuole proprio sforzare mai, si rischia di far precipitare il linguaggio a un grado zero e tutti i testi delle canzonette parleranno solo d’amore e con un lessico di venti parole al massimo. E – citando il testo di una canzone del nuovo album – io non voglio più ascoltare questa musica leggera.”
“È che sforzarsi non piace a nessuno”
“Sì, perché è più facile abbandonarsi alle abitudini. I tempi in cui viviamo ci hanno livellato e io stesso mi accorgo di fare sempre più fatica a sforzarmi. Penso ad esempio alla fruizione della musica: con la nuova tecnologia sono diventato anche io uno che schippa e che non ascolta più una canzone per intero.
Il livello di intolleranza verso tutto ciò che costringe ad essere po’ meno pigri si è alzato in ogni ambito.
Ammesso che ce ne fosse uno, nessuno oggi seguirebbe un intellettuale in tv”
“Forse perché non li invitano più”
“È vero, è un cane che si morde la coda. Un po’ perché mancano gli intellettuali e un po’ perché non farebbero audience”
“Veniamo alla prova del nove. Se mi dici una canzone di Cristina D’Avena vuol dire che non sei snob
”
“Sì certo…Hello Spank!”
“No!
”
“Era una delle mie preferite. Chi la cantava, Hello Spank?”
“Un gruppo di sconosciuti. Ma è stata scritta da Vince Tempera e Luigi Albertelli.”
“Lady Oscar era della D’Avena?”
“Quelli erano i Cavalieri del Re. Cristina D’Avena l’ha cantata dopo
”
“Allora io sono un amante dei Cavalieri del Re. Ho detto due canzoni cantate da loro”
“No! Hello Spank non era cantata dai Cavalieri del Re!!!!
”
“Allora dimmela tu una sua canzone e vediamo se me la ricordo”
“Kiss me Licia
!”
“Ah! Io però sono un po’ più vecchio. Sono di una fase precedente. Mi ricordo Nico Fidenco con Sam ragazzo del West.
Ammetto di non aver mai visto Kiss me Licia, ma apprezzo comunque molto Cristina D’Avena.
Trovo che mettere la propria voce nelle sigle sia la spersonalizzazione massima di un cantante: ci si mette totalmente a servizio di quel cartone, di quel personaggio.
“Grazie, abbiamo finito”
Il Portinaio
“Aspetta Portinaio…Rascal era di Cristina D’Avena?”
“
Guarda che non ti salvi così”
Credits
Copertina: Stefano Orfeo Montagnana ©
Foto: Gianluca Moro ©