INCIPIT ® (Il Portinaio x 39)
Ve lo faccio io un regalo.
Questo è l’incipit del mio primo libro, che ormai ha preso forma, ma ha ancora bisogno di qualche correzione.
Fatemi gli auguri, mi basta il pensiero.
Mariko è stata il fulmine che ha illuminato la mia strada. Mi ha fatto vedere che esiste una terza via e non solo i bivi.
Chissà poi perché mi ha scelto. Io non mi sento brutto, ma nella mia vita non mi hanno mai chiamato “guarda che figo” e non sono mai stato un donnaiolo.
Io cercavo l’amore istantaneo.
Non volevo “fare palestra sul materasso” come consigliava mio padre durante le cene a casa e lontano dalle orecchie della mamma. Certo, ho i colori del classico uomo del sud, questi barba che copre la mia bocca carnosa, sono alto nella media. Ecco, io mi sento medio. Ma per Mariko ero speciale, perché diceva che mi ero accorto di lei in mezzo a tutti quei turisti.
È così dolce. Con i suoi capelli neri lucidissimi, la sua frangetta irregolare e quel leggero strabismo che la rende un po’ svampita. Credo che sia anche intelligente perché l’italiano l’ha imparato subito.
Certo non mi sa dire frasi ad effetto tipo “Sei il maschio alfa che dominerà il mio corpo voglioso e fertile come un campo appena arato”, ma a me basta “Ti amo molto dolce amore mio ti amo”.
Quando ci siamo sposati, le ho regalato un bracciale che la nonna materna mi aveva donato segretamente.
“Tieni nipote mio questo è un bracciale con un piccolo nodo in oro, ricordati di metterlo al polso della donna che ti terrà legato per la vita”
“Nonna ma sei sicura? Se lo sanno gli altri cugini?”
“Io ho deciso di darlo a te Michele…”
“Sono Giuseppe…”
“Michele, Giuseppe che importanza ha! Avete tutti gli stessi nomi in questa famiglia…”
“È molto bello! Ma è tuo?”
“No! L’avevo comprato per il matrimonio della nipote di Maria, quella della friggitoria, poi ho saputo che andava con il commercialista che veniva a fare le vacanze a Polignano e allora me lo sono tenuto”
Speravo fosse la demenza senile a renderla così cinica e confusa, ma conoscendola bene mia nonna era proprio così.
“Ricordati però nipote mio, quando moriremo io e tuo nonno questa famiglia esploderà e solo tu potrai riattaccare i cocci. Ho tenuto troppi segreti in fondo alla pentola…il coperchio non li trattiene più”
Poi una crisi respiratoria l’ha mandata in coma per tre giorni. Io sono rimasto scioccato, non tanto perché si dimenava come un’ossessa e tutti in camera urlavano senza fare niente, ma per quello che mi aveva detto.
Perché doveva darmi questo peso così grande? Non ero il nipote maggiore!
Non potevi scegliere Michele “Primo” che ha 41 anni e fa il camionista? Oppure suo fratello Giovanni, che è bravissimo con la malta e quindi ottimo per coprire torbidi segreti.
C’è Michela che è sposata e ha due bambine, prendi lei come custode e saggia della famiglia: è tutta casa e lavoro!
C’è Michele “Secondo” che si sente superiore perché fa il ragioniere. C’è Maria, la tossica di famiglia, che se li scorderebbe dopo una canna e due grammi di cocaina.
Chi sono io per essere il prescelto?
Mentre il medico dava disposizioni a mia madre e a mia zia, gli altri zii erano già andati a sceglierle la bara, i fiori e persino due cantanti per rendere il tutto più commovente. Non era ancora morta, ma si preparava già il funerale più regale della città.
Io ho raccontato poco a Mariko della mia famiglia, lei era molto curiosa di conoscerli, ma non ha mai intralciato le mie scelte e non ha mai voluto sapere i motivi della mia fuga.
Ma quando insegno italiano ai miei “ragazzini” nipponici loro vogliono sapere tutto.
“Sono tutti come te, Sensei?”
“No! Siamo tutti diversi”
“Quanti siete?”
Ho perso il conto!
“Allora vediamo. Concentratevi o vi uscirà il sangue dla naso. Mia madre ha una sorella e tre fratelli. Fra tutti hanno generato otto figli, me compreso. La maggiore delle mie cugine ha due figlie. Poi ci sono i tre fratelli di mia nonna che hanno nove figli. Questi nove figli hanno sfornato talmente tanti bambini che la recita di Natale durava due mesi”
I miei allievi non capiscono molto bene, però, come al solito, ridono.
Risparmio loro i parenti di mio nonno materno e soprattutto quelli di mio padre. Quelli si che erano da temere. Si erano trasferiti al nord e avevano tentato per anni di far separare i miei genitori, presentando a mio padre le troie più assurde che avessi mai visto. Ma mio padre, chissà perché, alla fine sceglieva sempre mia madre.
Cioè prima assaporava il regalo e poi tornava sui suoi passi. Forse questo era il primo segreto che avevo scoperto senza che mia nonna me lo dicesse.
Il giorno del suo funerale venne anche il sindaco. A casa mia zia offriva frittelle come aperitivo, ringraziava e ripeteva “prendetene altre”.
Io stavo seduto su una delle sedie in camera, tenevo la mano a mia madre e dallo specchio vedevo quel coglione di mio fratello in giardino che dimostrava a tutti che aveva imparato a fare la ruota con una mano sola.
Tre suore bianche, che nessuno aveva invitato, se ne stavano lì come colombine a pregare e a mangiare. Avevano un crocefisso di colore diverso. Uno rosso, uno verde e l’altro bianco. Le sorelle d’Italia! Appena entrava qualcuno, mia madre cominciava a piangere e finito il rito dei baci e del “mi dispiace” smetteva.
“Mamma adesso basta! Stai piangendo a comando!”
“Stai zitto! Non vedi che ci sono le suore che ci guardano”
“Ma quelle non sanno manco chi siamo”
“Come no!”
Mia madre era così formale che mi mandava in bestia! E io dovevo dimostrarle sempre che sbagliava!
“Scusi sorella…proprio lei in mezzo con il crocefisso bianco…sa come mi chiamo?”
“No!”
“Lei con il crocefisso rosso invece sa come si chiama mia madre?”
“No!”
“Rimane lei con il verde…come si chiama la defunta?”
La suorina “rossa” bisbigliò il nome. Brutta stronza l’aveva letto prima di entrare in casa.
Mica erano sceme quelle scroccone!
“Si chiama Licia!”
Che nome strano aveva mia nonna, ma pare che sua madre fosse ossessionata dai santi e che Licia fosse la prima martire cristiana femminile. Io ero contento che avesse un nome così e non il solito Assuntina, Nunzia o Carmela. Poi mi ricordava il cartone animato e questo mi faceva molto ridere. Mia madre s’incazzò per la mia maleducazione e si mise la mano fra le labbra e la strinse per placare i nervi. Credo disse anche una bestemmia in presenza di adepte di Dio. Io andai via e la lasciai al suo teatrale dolore.
Il Portinaio