IL TERZO NOME (Sphynx)
Era l’ultima arrivata a casa e la prima a corrermi incontro.
Mi leccava il collo, diceva che sapevo di lampone.
Che buffo sapore.
Mi parlava all’orecchio. Ha due nomi, perchè agli occhi dei suoi padroni è un ricordo perfetto.
ZAMPE: lunghe e sottili, quelle posteriori sono leggermente più lunghe, le cosce sono muscolose.
Il primo diceva che da piccolo sognava di volare, ma non avendo tanti amici, rimaneva nella stanza con il fratello maggiore.
Gli piaceva giocare coi grandi, rimaneva in balia dei loro scherzi, ma si sentiva comunque protetto.
Poi quando si arrabbiava correva in bagno.
La canzone che gli cantavano dietro la serratura lo spaventava, raccontava la storia di un paperotto che si feriva e più andava avanti più male si faceva.
L’unico modo per terminare il supplizio era aprire la porta e farlo smettere di cantare.
Sensibile e illuso.
Pensava: ci vuole un nome che sappia prender quota, che nella testa mi ricordi di girare la maniglia.
Un nome che finisca in vocale, che sappia d’infante, un nome tigrato e che faccia rumore.
La presa in bagno rilasciò strisce blu di corrente e la gatta esclamò il proprio nome.
CORPO: snello, ma muscoloso con un accenno di pancia, assolutamente privo di pelo, con la pelle liscia e morbida al tatto (come un panno di camoscio)
Lamù, ora si chiama così.
OCCHI: grandi, molto espressivi, a forma di limone, leggermente infossati nelle orbite, possono essere verdi, arancio, gialli, azzurri in conformità al colore del mantello.
Fa ridere lo Sphynx, ti chiede sempre “perchè?”.
Perchè piove?
Perchè ho freddo?
Perchè sono diverso da tutti gli altri?
Non conoscevo le sue unghie e nemmeno il dolore della carne che si apriva al loro passare.
Chiamale carezze. Le loro attenzioni sono graffi per rimanere appesi al tuo corpo.
Di notte poi.
Le fusa di Lamù andavano in stereofonia, il palazzo tremava ad ogni suo respiro e la protezione civile ci obbligava ad un’evacuazione terapeutica.
ORECCHIE: triangolari, larghe alla base, ben erette, arrotondate ai bordi, più grandi possibili e prive di pelo.
Mi piacciono le sue labbra, che fanno una smorfia triste se con il dito gli tiri sù il mento. La sua pelle non so come sia, lo standard prevede rubber, peach o wax. Per me è solo morbida.
I polpastrelli sono stati disegnati da Dalì, ne sono certo. La natura non può concepire qualcosa di così artistico.
Ho incontrato un gatto che le assomiglia, si chiama Umeboshi, come la prugna giapponese.
Non mi ha detto molto però, perchè non siamo entrati in confidenza. Io coi gatti non ci vado molto d’accordo. Poi fanno quella cosa sulla pancia, come la chiamano? Impastare? Mi mette a disagio.
Però Lamù mi intimava a non aver paura, di non temere. Le ho creduto e un giorno è andata via.
Senza la O l’anagramma di Miao diventa Mai.
TESTA: leggermente triangolare, più lunga che larga, gli zigomi sono sporgenti, lo stop appena segnato, un accenno di pelo è presente alla radice del naso.
Il secondo padrone aveva tanti figli. Uno per ogni dita. Si preoccupava più della loro salute che della sua.
Voleva il meglio da loro. Era madre e padre insieme.
Gli ho regalato un libro per distrarlo. Mentre teneva la testa bassa ho parlato di nascosto con Lamù.
“Non mi chiamo Lamù. Io sono Tempesta”.
Come se io potessi sentirla.
Non vive male.
Ogni tanto si guardava allo specchio e mi faceva percepire la sua felicità con degli occhiolini.
So che ha sempre da mangiare ed è in ottima compagnia.
Poi è bella, si sente bella. Le hanno promesso di portarla a una mostra. Ma non mi hanno invitato.
Nessuno però le ha detto perchè non ha le vibrisse. Dicono che servano per percepire i pericoli ancor prima di entrarne in contatto visivo. Quasi fossero “fili veggenti”.
PIEDI: piccoli e ovali, il colore dei cuscinetti è conforme a quello del mantello, i polpastrelli sono molto spessi e danno l’impressione che il gatto cammini su dei cuscinetti ad aria.
Ricordo che mentre i padroni guardavano la televisione saltare in aria, lo Sphynx dai due nomi mi saltò sulla schiena, si aggrappò alle mie clavicole e in un abbraccio ingombrante mi chiese “Tu come mi chiameresti?”.
Non lo so, però continuerei a sceglierti.
Anche bendato ti riconoscerei, perchè mi dai i brividi.
Ecco ti chiamerei “Brivido”.
“Mi piace” rispose.
E poi andò subito vicino al calorifero.
Chiedi ancora di me?
Miao senza A diventa mio.
CODA: lunga, sottile, può avere un ciuffo di peli sull’estremità (come nei leoni)
Intendevo Brivido come il gatto di Memole! Che ti credevi! 😛
Il Portinaio