L’ONORE DI AIZU
A 60 km da Sukagawa c’è la bianchissima città di Aizu.
Bianchissima perché “fiocca” spesso e gli abitanti sono costretti a fare decorazioni colorate da mettere sugli alberi perché escono pazzi con tutta quella neve intorno.
Non puoi neanche chiedere delle lenzuola candide in un negozio che i commessi si mettono a gridare come i matti.
Questa città è nota per la guerra Boshin, una delle storie più tristi del Giappone. I clan dei samurai difesero il feudo dalle truppe imperiali diventando leggende per tutta la popolazione.
Prima tappa il paesello di Ouchijuku, famoso per le antiche costruzioni col tetto in paglia.
Ma anche per la vendita diretta di gatti morti. 😛
E’ un piccolo borgo, che si può visitare solo a piedi. Le case sono diventate ormai negozietti di fuffa o ristorantini tipici.
Carina la tradizione di mangiare il ramen con il gambo del porro al posto delle bacchette.
Fa un freddo porco. Ma questo ve l’ho già detto.
Nonostante sia una zona storica anche qui potrete trovare le macchinette per le bibite, cessi pubblici e la zona fumatori. 😛
Vale una gitarella, ma meglio d’estate se non siete attrezzati con piumini e scarpe invernali. Sennò fate la fine mia e di Marco: morti assiderati dopo due passi.
Il Castello di Tsuruga è un imponente feudo bianco che sovrasta tutta la città di Aizu-Wakamatsu.
Bellissima la mostra al suo interno che ripercorre la storia dei samurai che lo difendevano.
La nostra amica ci racconta un po’ di storia di queste terre innevate.
Mia san traduce per noi.
“Ad Aizu c’era il mare, poi terra muove”
“Veramente?”
“Sì, ma tanto tempo fa”
“Tipo all’epoca dei dinosauri?”
“Molto prima, infatti adesso puoi comprare sale”
“Ho capito. Prima dei dinosauri hanno accumulato tanto sale perché c’era il mare”
“No! Ancora più indietro…non c’era…fu il mare”
“????”
E poi è finita a palle di neve davanti al parcheggio.
Marco ha rovinato i suoi occhiali da sole e non può rimanere senza.
“Gabry dove posso comprarli?”
“Quando torniamo a Tokyo se vuoi ti porto alla Vans, ne hanno di economici”
“Che bello c’è Avanzi anche qui!”
“????”
Marco ha scaricato un’applicazione sul cellulare che traduce gli ideogrammi. Nel castello è severamente vietato anche toccare il telefonino, ovviamente lui era lì che cercava di decifrare, senza successo, pergamene ottocentesche con il suo Samsung tutto scheggiato.
Il simbolo di Aizu è Akabeko, una mucca rossa, che viene declinata in tutte le salse.
La potete trovare mentre si accoppia con Hello Kitty oppure a forma di salvadanaio, portachiavi, calamita, tazzina, tric &trac, bombe a mano, magliette di Maradona…niente i giapponesi ce l’hanno nel sangue questa cosa del merchandising.
In mezzo alla città c’è il Bukeyashiki.
Ho chiesto a Mia san cosa fosse.
“E’ casa”
“Di chi?”
“Dei samurai”
“Mi sembra più grande di una casa”
“Villino?”
“Ne avevano di soldi”
“Allora villona!”
La residenza Bukeyashiki è una fedele riproduzione di quella originale, visto che era stata bruciata durante la guerra dei Boshin.
Nelle stanze potrete vedere manichini samurai intenti a studiare piani di guerra, bambini di cartapesta che giocano con madri snaturate che si sparano le pose.
Quando il clan di Aizu capitolò tutte le donne della residenza, piuttosto che finire in mano al nemico, decisero di uccidersi insieme ai bambini.
Questo evento viene riprodotto in una stanza:
Va bene essere fedeli alla storia, ma rattristare così il turista ignorante non è bello. E portateci una gioia.
Sono uscito con una tristezza nel cuore.
Ma la mia guida personale, arrivata direttamente dal comune, mi ha raccontato una bella storiella.
L’anno scorso la città ha vinto il premio per il Sakè più buono del mondo.
L’hanno chiamato Aizu Homare: l’onore di Aizu.
Io e Marco siamo stati trattati come ospiti speciali, perché al comune pensavano fossimo dei famosi giornalisti italiani.
E’ stata Mia san a venderci così. 😛
Ora mi toccherà scrivere un post serio su questa città. 😛
“Stasera dormiamo a terme sei contento?”
“Ho già pronta la macchinetta per la pressione”
L’ultima volta che sono stato alle terme giapponesi sono svenuto, mi ricordo solo che c’erano due vecchi che mi tenevano le gambe alzate e mi guardavano il cazzo!
L’albergo si trova sopra una collina. La vista dalla mia camera toglie il fiato, come quando Marco si sfila le scarpe da ginnastica. 😛
E’ tradizione indossare lo Yukata (la vestaglia con cui si dorme, si mangia e si vive negli Onsen giapponesi).
Gli amici di Mia san ci hanno subito chiesto se indossavamo le mutandine.
Ma per chi ci avete preso? Mica siamo qui a battere.
Siamo comunque un bel gruppo. Non mi ricordo i nomi, ma con noi dorme un signore sulla cinquantina che fuma e guarda la tv.
Poi c’è la signora con i capelli bianchi tanto carina che ci fotografa continuamente e il figlio diciottenne dell’organizzatore delle feste di Sukagawa, aspirante parrucchiere.
Ho provato a parlargli, visto che se ne stava sempre un po’ in disparte.
“Sai l’inglese?”
Mi fa un cenno e capisco “pochino”
“How old are you?”
“????”
“Anni…age…età. Come posso dirtelo”
“????”
“Io ho quattro zero anni, Marco tre cinque…e tu?”
“????”
“What’s your name?”
“????”
“Vabbè facciamo finta di non conoscerci”
Qual è il problema che hanno i giapponesi con la lingua inglese?
La cena è un gigantesco buffet e non vi dico la quantità di cibo che hanno servito e come si sono avventati i clienti.
Pareva un matrimonio del sud.
Gente che si metteva sotto le ascelle tazze di zuppe di miso, ramen infilati in tasca e sushi dietro le orecchie.
Dopo 15 minuti era rimasto solo il gelato e qualche foglia di insalata. Tutto il mondo è paese.
Alle terme l’unica cosa che puoi fare se sei straniero è cercare un Wi-fi libero dell’hotel, guardare i programmi stupidi alla tv o lasciarti lentamente abbracciare dal futon.
“Posso chiederti una traduzione in italiano?”
“Certo Mia san”
“Come si dice in modo cordiale ragazzo verginello?”
Lo sapevo questa ci vuole vendere come schiavi del sesso al clan di Aizu!
Il Portinaio
Un commento
carlo
Ti seguo..con affetto e quotidianità..mio caro Baffo della birra Sapporetti!!!