voglio dormire con te mattia colombo
Il cinema costa troppo,  Lavoro sporco,  Portineria

SCATOLA #Vogliodormireconte

“Attore baffuto con i peli superflui ti devo dire una cosa?”
“Che ti hanno arrestato e butteranno via la chiave e finalmente sarò libero?”
“No! Starò via per qualche giorno”
“Sembri Berlusconi…esci dalla porta ed entri dalla finestra”
“Nel frattempo ho trovato nuovi personaggi per il film”
“Ci sarà una nanna vegana?”
“No!”
“La donna ninfomane?”
“Ne conosci una?”
“Aspetta che guardo nell’album di nozze di mia madre!”

Credo di averti vista una sola volta, di sfuggita, fuori da un teatro.
Credo.
Sei arrivata come un colpo di scena,  quando noi pensavamo che fosse tutto finito. Avevamo pure trovato un lieto fine. E invece, ci tocca aspettarti, perchè anche tu avrai qualcosa da dire.
Dalla descrizione del regista sei minuta, mora e con una scatola in mano.
Mi disturba la tua presenza, il mio ego ha paura che saranno sacrificati due minuti del mio girato, che le mie scene dovranno stringersi fra i tuoi ricordi.
Gioco d’anticipo, farò io quello che dovrai fare tu, rovinerò il tuo idillio. Mi prenderò la colpa, come quando si svela chi è l’assassino prima della fine di un film.
Sono tenute bene le mie scatole, al riparo da mani indiscrete, custodiscono malinconie e sorpresine.
Sopra ad ognuna c’è scritto il mio nome, la data e frasi stupide come “Cose preziose” o “Non toccare privato”.

Non credo al mito di Pandora, non l’ho neanche studiato a scuola. Per me resta solo una donna con un brutto nome da pornostar.
Le apro perchè è giusto che sia così.
La mia stanza suda di ricordi. Mia madre ha tenuto tutto com’è da quando sono andato via. Come se fossi morto. Appoggia ogni tanto i vestiti stirati sul letto. Ritorno giovane quando ci entro. Le ossa non mi fanno più male e la pelle si tira.
La prima scatola conserva un diario di scuola, vecchissimo. Delle elementari.
Sul 18 settembre c’è scritto “quore” con la Q. Nessuno l’ha corretto. Che distratta la maestra.
Ci sono un sacco di adesivi, una gomma per cancellare di Snoopy, le sorprese della Mulino Bianco e una cartolina di mia cugina.
Lei non è cambiata in questi anni, ha la stessa calligrafia di vent’anni fa. E scrive le stesse cose. Mi chiama ancora “cuginetto”. Poi al telefono mi dice che è migliorata, ma io non le credo mai. Sei l’unica al mondo che va ancora cercando francobolli sul bagnasciuga.
Credo che non abbia nessuna scatola. E’ abitudine della sua famiglia buttare via tutto quello che commuove.
Ci sono un sacco di scherzi di carnevale mai usati. L’inchiostro simpatico lo schizzavo sempre sui maglioni della zia, che non sapevo fossero di cashmere. S’incazzava come una iena. In effetti rimaneva l’alone e non c’era un cazzo da ridere.
Le miccette da mettere nelle sigarette le infilavo nelle Multifilter azzurre di mia madre. Una volta accese esplodevano. Ci cascava come un’allocca, ma poi ho capito che lo faceva apposta. Mi prometteva di smettere. E l’ha fatto. Lei tiene tanti ricordi.
Il petofono. Come mi divertiva. Il nonno era la mia vittima preferita. Ma lui era bravissimo anche senza trucchi. E ridavamo come i matti.
C’è una melanzana con le rotelle, un bracciale di tessuto, gli Scubidù, che non avevo mai intrecciato perchè non ero capace nemmeno di fare il nodo alle scarpe, un coltellino finto e gli adesivi dei Paperotti.
Dovevo essere un rompicoglioni se passavo la mia esistenza a fare scherzi.
La seconda scatola mi mette i brividi, c’è l’indirizzo di una ragazza su un foglio a quadretti. Si chiamava Licia. Quasi una veggenza. Licia è un nome che ritorna spesso nella mia vita.
Ricordo che mi piaceva tanto e che sua sorella si chiamava Sofia. Per conquistarla le avevo comprato un disco di Eros Ramazzotti. Ma ero troppo piccolo. Le belle ragazze non vanno insieme a dei nanetti che si fanno prestare i soldi dal papà. Si chiama ancora Licia.
Un pallottoliere arancione e un biglietto delle giostre sono tenuti legati da un nastro bianco.
Quell’anno mi scrivevo con una certa Cinzia Visani. Ogni sei mesi mi arrivava una letterina con una foto.  In una ci siamo io e lei abbracciati con i miei nonni e i suoi genitori.
Se dov’essimo scattare oggi una foto simile saremmo da soli.
L’ho persa di vista. Poi l’ho cercata per anni, il telefono risultava inesistente. Le mie lettere ritornavano indietro.
Ho lasciato un annuncio su internet e qualcuno mi ha risposto. Proprio qualche giorno fa.
Dice che la conosce e mi ha lasciato il suo nuovo indirizzo. Potrei scriverle che ho riaperto la scatola, che le facevo il filo nel 1987, che ricordo la sua ossessione per Vasco Rossi e Boy George. Non ho avuto il coraggio. Magari lo farò domani.
Ho trovato anche un Moncicccì e dei disegni che facevo con una mia compagna di classe. Erano terribili. Raccontavano di un ragazzina che moriva e tornava sotto forma di spirito per spaventare parenti e amici. Credo abbiano fatto un film simile in Korea o in Giappone.

voglio dormire con te

Nella terza scatola ci sei tu.
E’ vero! Mi sembra impossibile. Tutto quello che ho scritto in questi mesi è dentro in una scatola di 24 anni fa. Possibile che ti avessi già scelta?
C’è lo stesso Robot che ti ho regalato, ma senza braccia. Perchè quando giocavo da piccolo spaccavo tutto. Ma era per salvare la Principessa che sacrificavo Daitarn3 e Gundam. Li ho tenuti comunque.
C’è un polsino da tennis, del mio primo allenamento, una gomma a forma di racchetta e un pinguino piccolo, di una collezione delle sorprese della Parmalat. Non ho bisogno neanche di avere conferme, io mi ricordo tutto.
C’è un falco con le ali di carta dentro un sacchettino trasparente insieme agli elastici dell’apparecchio.
Ecco perchè stavo bene con te, perchè c’eri sempre stata. La mia vita ha cercato tesori e segnali che t’identificassero.
Ha mangiato merendine, si è sbucciata le ginocchia e ha fatto spendere parecchi soldi ai miei genitori.
Se esistesse la pozione dell’amore questi sarebbero gli ingredienti perfetti. Mancherebbe solo una tua lacrima, cosa rara, che non vedo più.
Non era questa la mia parte nel film, ho peccato di presunzione e adesso ne pago le conseguenze.
A Natale ci siamo regalati un polsino, un pinguino, un falco e un robot. A chi devo fare i complimenti per l’ipnosi?
I miei occhi si riempiono come piscine. Sembra stregoneria della più becera. Ormai qualsiasi cosa potrebbe ricordarmi di te. Potrei dare il tuo nome a una tempesta, come fanno i metereologi, così che anche la pioggia prenda la tua forma.
Andrò dall’altra parte del mondo per cercare nuovi rimpianti, darò loro l’aspetto che vuoi. Dimmi, cosa preferisci essere?
Una felicità da far schifo? Un termometro elettronico? Una cover per il cellulare?
Dimmi la primavera ti ha costretto a mettere via le coperte o non dormi più sul letto?
Quante domande vorrei farti.
Ti ricordi quando ci guardavamo allo specchio e tu stavi lì impacciata con il tuo mascara? A volte mi chiedo perchè ho accettato di farmi riprendere? Girare un film per dimostrare cosa? Che ti amo? Bastava chiedere.
Nonostante stare in questa stanza appesantisca la testa, mi piace. Ringiovanire fa bene, ti da potenza ormonale, confusione in testa e odori che avevi perso. La polvere non si posa sulle mensole. E’ tutto pulito. Perfetto.
Abiti ancora al numero 38? Hai finito di leggere il libro che ti ho regalato?
Potrei continuare a scrivere per ore, perdermi fra un passato remoto e un futuro anteriore. Descriverti minuziosamente ogni oggetto che vedo, legarti alle mie vene per farti una dialisi corretta. Ma vorrei solo sapere se intorno a te qualcosa ti parla di me.
Se stare da sola ti rende così felice. Avrai così tanto tempo libero che potrai venderlo al primo offerente. Ecco, cerca di tenermi via il lasso che va dalle 7 alle 7.20. Perchè era il momento in cui mi svegliavo e ti guardavo.
E’ pronta la cena, non c’è nessuna telecamera…peccato. Questa sarebbe stata una scena bellissima. Ma il regista ha mille pensieri, troppe cose da fare, un altro film da montare. Si dimentica persino di leggermi. E credo anche tu.
Non ti ho rinchiusa di nuovo. Questa volta ti porto con me. Perchè mi fai sorridere.
Credo di averti vista una sola volta, di sfuggita, fuori da un teatro.
Ora ricordo.

Il Portinaio

“Attore amico fidato non è che mi tieni la telecamera mentre sarò via per lavoro?”
“Certo! E’ molto cara?”
“Costa migliaia di Euro!”
“Mi sono iscritto a Ebay proprio ieri!”

voglio dormire con te

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
E ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
Le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
Non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
Le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
(E. Montale)

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